"Nessuno ci ha regalato niente. E' inutile farci illusioni"."Non capisco perché devi sempre mettere in discussione tutto"."Siamo stati per due settimane in questo posto che si chiama 'Sentiero del paradiso', ma non mi è sembrato affatto il luogo della felicità"."Ma la felicità non è fatta soltanto di momenti felici. La felicità si costruisce, non piove dal cielo".Era l'ultimo giorno di vacanza e già erano con la mente dove si sarebbero separati.Lui vedeva tutto nero ed era disposto a cancellare ogni istante di felicità appena trascorsa pur di non provare nostalgia, per evitare di pensare all'imminente futuro che lo attendeva.Tutto o niente, si diceva. E il niente era ciò che in lui prendeva sempre più corpo.Lei invece considerava i giorni come un momento passeggero e sapeva accettarli per quello che erano. I giorni terminavano, l'uno dopo l'altro, soprattutto quelli brutti, ma era il suo sguardo su di essi a prevalere. Li vedeva in ogni caso belli, felici anche quelle volte che non lo erano stati. "Sarà come dici, ma io sono stanco, non voglio avere problemi, voglio una vita semplice. Semplice. Nessuna complicazione", aveva ripreso lui.Mentre diceva così, aveva guardato per l'ultima volta i pini affacciati sul mare, la radice che i cani avevano staccato dalla terra quella volta che avevano tirato insieme il guinzaglio che vi era legato e il riflesso delle nuvole sull'acqua grigia. I due cormorani erano su uno scoglio ad asciugarsi le ali. L'aria era insolitamente densa d'umidità. Pesante come finora non era mai stata. Tutto gli sembrava definitivamente cambiato e tutto era anche completamente inaccettabile.Dentro di sé sapeva che lei aveva ragione, ma non gli era possibile ammetterlo. Il paradiso, cominciava a pensare, non è esattamente il posto che vorremmo. Lo è per qualche istante, ma poi finisce sempre per deludere, per essere diverso dalle nostre aspettative.Lei aveva perfettamente ragione, ne era consapevole, ma lui voleva lo stesso farla finita.Osservava gli uccelli sulla roccia, le ali tese e sapeva che con quell'aria non si sarebbero mai asciugati. Ma stavano fermi lo stesso, sembravano imbalsamati, un gesto non necessario, inutile ma ugualmente inevitabile.Si diressero verso casa. Dieci minuti di camminata sul sentiero affacciato sul mare, i cani al seguito che ogni tanto si fermavano accanto a un cespuglio.Tutto, ogni passo, ogni singolo gesto, gli sembrava ripetitivo.Perfino la fine di una storia d'amore era una scena già vista."Già vista", si disse, mentre i cormorani avevano spiccato il volo. Si era girato per seguire la loro traiettoria e aveva trovato il viso di lei. Si guardarono nello stesso istante.E tutto il paesaggio sembrò di colpo fermarsi con loro, quando si abbracciarono per cercare di trattenere qualcosa prima che fosse troppo tardi, prima di sapere cosa fosse, ma ad ogni modo nel momento esatto nel quale avrebbero potuto perderla.
Il muretto sarà alto un metro e mezzo al massimo. È per questo che il pallone con cui giochiamo a calcio sul terrazzo è sgonfio. Perché non rimbalzi troppo, con il rischio che vada a finire di sotto e colpisca qualcuno di passaggio. È pur vero che di persone ne passano poche sotto casa in questi giorni e comunque è capitato, alcune volte, che la palla finisse in strada. È andata sempre bene, per fortuna. Il pallone che usiamo per giocare sul terrazzo non lo abbiamo sgonfiato apposta. È bucato. Lo aveva morso il nostro cane Spot a Villa Borghese, qualche tempo prima che ci chiudessero tutti in casa. Non so perché non lo avessimo buttato via subito, quel giorno. Adesso in ogni caso ci serve, per il motivo che ho detto. Il terrazzo non lo abbiamo mai frequentato prima del coronavirus, i miei figli non c'erano mai stati. È uno di quei posti che appartengono a tutti i condòmini e che, proprio per questo motivo, non sono di nessuno, perché nessuno ha bisogno di andarci e tutti vog
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