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I suoi occhi il più bel paesaggio

Più che viaggi, negli ultimi tempi abbiamo fatto qualche piccolo spostamento, altra aria e abitudini, anche se per alcune ore, al massimo una giornata. Per un poco, lontani dalla ripetitività dei giorni. Il bello del viaggio è la possibilità che offre, a chi lo compie, di cambiare vita. Visitiamo Paesi nuovi e pensiamo a ciò che saremmo potuti essere laggiù, la nostra esistenza sarebbe stata diversa, forse migliore, non lo sapremo mai. Una prospettiva nuova o un'illusione, raccolta nell'arco di un giorno, iniziata al mattino e terminata la sera, nel momento stesso del ritorno, evanescente come l'acqua ma ancora nelle mani, fra le dita bagnate per un ultimo istante. Osservi bene un'altra volta questa nuova possibilità, prima che scompaia per sempre, e improvvisamente sai che è bella, come qualsiasi cosa che dura un secondo e che adesso non c'è più. Eppure c'è ancora, nel ricordo o nell'idea. E' la stessa cosa che succede con le fotografie, sono quel che c

I pastori volano tutti senza ali

"Gavino è ancora troppo piccolo! Come potrà custodire le pecore e far paura ai banditi? La sua presenza sarà inutile... Qui imparerà a vivere prima di esporsi alla vita. Gli mancano ancora le penne per prendere il volo ". "Cosa ne sa lei della pastorizia? I pastori volano tutti senza ali". (Gavino Ledda, Padre padrone , Feltrinelli/Loescher 1978, p. 17) Ritengo lucidamente saggia - in questo libro trovato di recente su una bancarella - la risposta del padre-padrone alla maestra che cerca di difendere un bambino di sei anni: è ancora troppo piccolo per andare a lavorare - dice l'insegnante, spiegando al genitore che il figlio è del tutto impreparato ad affrontare il mondo e che la scuola serve proprio per 'rafforzarlo', per insegnargli "a vivere prima di esporsi alla vita", per farsi "le penne per prendere il volo".  Dopo averle raccontato tutti i motivi che lo obbligano a ritirare da scuola un figlio così giovane per obbligarlo a lavo

Fraternità

Sono dodici anni che mio fratello e io non viviamo più insieme, uno di qua e l'altro di là, ognuno col suo impiego e la sua famiglia. Lontani. L'ultima volta ci eravamo visti a Natale. Ieri è venuto a trovare me e i bambini, alcune ore passate in casa, un altro paio fuori, fra racconti di cose che riguardano la vita privata e il lavoro.  Tutto qui, nient'altro, a parte l'eloquenza di molti silenzi che dicono, a chi li ascolta, ciò che la sua stessa fantasia, sollecitata dal dubbio e dalla paura, è in grado di dettargli: domande, risposte, nuovi dubbi e ancora dubbi. Il silenzio ha la voce che gli diamo ed è con questa che ci parla, ma le risposte non sono chiarificatrici di alcunché, per la stessa e identica ragione e ansia per le quali le invochiamo.  Allontanarsi non significa altro che far risaltare, ancora di più, la solitudine, il senso di precarietà che fa parte della vita dell'uomo, addirittura l'emarginazione se, quando si va via, ci si porta appresso un

Dippold l'ottico

Che cosa vedete adesso?  Globi di rosso, giallo, porpora. Un momento! E adesso? Mio padre e mia madre e le mie sorelle. Sì. E adesso? Cavalieri in armi, belle donne, visi gentili. Provate questa. Un campo di grano - una città. Benissimo! E adesso? Una donna giovane e angeli chini su di lei. Una lente più forte! E adesso? Molte donne dagli occhi vivi e labbra schiuse. Provate queste. Soltanto un bicchiere sul tavolo. Oh, capisco! Provate questa lente! Soltanto uno spazio vuoto, non vedo nulla in particolare. Bene, adesso! Pini, un lago, un cielo d'estate. Questa va meglio. E adesso? Un libro. Leggetemi una pagina. Non posso. Gli occhi mi sfuggono al di là della pagina. Provate questa lente. Abissi d'aria. Ottima! E adesso? Luce, soltanto luce che trasforma il mondo in un giocattolo. Benissimo, faremo gli occhiali così. Edgar Lee Masters, Antologia di Spoon River, Einaudi 1943, traduz. di Fernanda Pivano. (Questa poesia ispirò a Fabrizio De André la canzone  Un ottico).

Una felicità senza tempo

Se vorrò farlo continuare a esistere, prima o dopo dovrò decidermi a trasformare questo blog in un diario esclusivamente fantasioso. Dodokko cresce, fra poco imparerà a leggere e a scrivere e allo stesso tempo diventerà più indipendente, sempre meno bambino e un po' alla volta più adulto. Man mano che aumenterà la sua consapevolezza delle cose che fa e la sua coscienza di sé, io perderò il diritto di descrivere la sua vita privata, rendendola pubblica: le sue azioni apparterranno sempre più a lui e un giorno non lontano ne sarà il solo responsabile.  Nel rispetto del figlio vero, comincio proprio oggi a inventare un Dodokko, a essere sincero, non del tutto nuovo, frutto non esclusivo della fantasia: ogni invenzione, infatti, anche il volo più stravagante e assurdo dell'immaginazione, si sa, ha i piedi in terra, è composto da ogni possibile riferimento alla realtà, basta scavare e si trovano le radici sotto al suolo. Ora, l'abilità di chi racconta sta nel non farle scorgere,

Il bambino e la nonna

Mio padre un giorno mi disse che gli anziani tornano a essere bambini. So che si riferiva al loro comportamento e alle loro necessità, al fatto che non sono più autosufficienti come quando erano nel pieno delle forze.  Ciò che non sapevo è che diventano anche fisicamente simili a come erano da piccoli. Ho raccomandato a Dodokko di fare attenzione con la nonna, di essere delicato e non irruente perché ha la febbre. Ho dovuto raccontargli una bugia, non potevo confessargli che la nonna sta molto male.  Poi siamo saliti al quinto piano della casa dove è nata e ha sempre vissuto. E su una sedia da ufficio, di quelle con le rotelle, non abbiamo trovato seduta una signora, ma una bambina. Un viso dimagrito e pallido, somigliante di più alla ragazzina che ho visto in alcune sue vecchie fotografie che non alla persona che fino a poco tempo fa conoscevo.  I due bambini si sono guardati come se non sapessero chi si trovavano di fronte, non come due estranei che, se fossero realmente tali, neanch

Anticipazioni

Ogni tanto, periodicamente, mi passa la voglia di continuare a scrivere questo blog. Mi succede di pensare di smettere soprattutto quando trascorro molto tempo con i miei figli, una cosa è la teoria, il racconto, un'altra la realtà, la vita vissuta. Compilare questo diario è per me un modo per stare mentalmente vicino ai miei bambini nei momenti in cui sono fisicamente lontano da loro. Ed è quindi completamente inutile, è addirittura una perdita di tempo scrivere se questo stesso tempo posso passarlo direttamente con loro. Insomma, la vedo così: meglio vivere che pensare, preferisco l'immediatezza delle sensazioni al loro ricordo e alla loro rielaborazione. Anche ora che sto scrivendo lo faccio approfittando del silenzio della notte e del fatto che i bambini si sono appena addormentati. Siamo a casa insieme, noi tre soltanto, grazie a un batterio che ci siamo trasmessi a vicenda, la terapia antibiotica per eradicarlo durerà in tutto dieci giorni, come da protocollo. Ho scritto

Il più bel fiore del mondo

"Chissà se un giorno mi capiterà di leggere di nuovo questa storia, scritta da te che mi stai leggendo, ma molto più bella?...". José Saramago non potrà leggere di nuovo la storia che ha scritto. Né quella che adesso leggerete, la mia, può davvero essere più bella della sua. Tuttavia, ho voluto ugualmente accettare l'invito dello scrittore a riscrivere il suo racconto, non di certo per un confronto con lui, ma per un fatto che mi è capitato la scorsa settimana, il giorno dopo che avevo regalato a Dodokko Il più grande fiore del mondo .  Giovedì sera, prima di andare a dormire, abbiamo letto due volte la storia del bambino che compie il giro del mondo per portare da bere a un fiore appassito. Una volta ancora lo abbiamo fatto venerdì mattina, prima di andare a scuola. Dodokko ha voluto portare all'asilo il libro di Saramago, ma la maestra ci ha fermati sulla soglia dicendoci, con aria molto professionale e decisa, che "non è il caso di tenere il libro in classe, d

In barca a vela con papà

“In barca a vela con papà”: Si chiama così, ed è pensata in modo specifico per i padri, l’iniziativa nata dalla collaborazione fra l’ I.S.P. – Istituto di Studi sulla Paternità, fondato nel 1988 – e la scuola di vela Utopia, nata nel 1977. Per una vacanza, ma non solo. Per imparare la disciplina della vela, ma non solo. Per conoscersi meglio, capirsi di più. Qualche volta per ritrovarsi.  “Un buon rapporto padre-figli” – è detto in un comunicato congiunto - “è fondamentale, oggi più che mai. Condividere una esperienza sportiva nella natura aiuta a recuperare una dimensione nella quale padre e figlio, nel rispetto dei reciproci ruoli, vivono emozioni comuni e rinsaldano il loro rapporto”.  Pensata per bambini e ragazzi nella fascia d’età 8-18, l’iniziativa si rivolge in special modo ai padri separati (soli o con la nuova compagna), per i quali la vacanza estiva con i figli rappresenta spesso un momento di grande ansia, costretti come sono a “concentrare” in pochi giorni il de

Festa del papà, tra poche luci e molte ombre

di Alessandro Spadoni 19 Marzo. Festa del papà. Per molti un’occasione per festeggiare assieme a moglie e figli. Per altri, molti, un giorno amaro che mette ancora più in risalto la loro difficoltà e precarietà. Secondo la Cgia di Mestre infatti la figura del padre in Italia, come quella della maternità del resto, è entrata in profonda crisi, colpa anche dell’incertezza economica, della precarietà e di una visione individualista, nichilista della nostra società che mette alla berlina il valore e il ruolo della paternità.  Nel 2012, in questo nostro strano assurdo Bel Paese, i maschi quarantenni precari o con stipendi da 1.200 euro al mese sono oltre 200 mila, circa il 12% del totale degli occupati maschili e molti con figli a carico, tanti separati e in situazione di estremo bisogno. Per loro non c’è proprio nulla da festeggiare, anzi parlare di Festa del Papà ha quasi il sapore di una beffa. Per loro la condizione naturale è quella di condurre ogni giorno una lotta impari contro le pr