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Influenza dei polli

Un'ecatombe: è crollata la famiglia al completo sotto i colpi dei virus della stagione influenzale 2010-2011. In totale quarantena da 10 giorni, in isolamento forzato, lontano perfino dalle pagine di questo blog, a cadere sono stati, in ordine cronologico: il sottoscritto, il primogenito, la moglie e - ultimo - il neonato di un mese. Febbre altissima per tutti, tosse e raffreddore, disagi intestinali, i sintomi che ci hanno colpiti con una forza violenta e cieca e che non ha fatto distinzioni nemmeno per le fasce d'età più deboli: un'influenza per quattro, moltiplicata quattro. Ma non è con il racconto di questi malanni stagionali che voglio tediarvi, ma desidero parlarvi piuttosto di come venga affrontata l'emergenza epidemica nella famiglia media, di qual è di solito l'intervento del pediatra, dello stare tutti insieme in famiglia grazie a un avvenimento negativo come una malattia, del sole beffardo che, a discapito di tutto, è sempre stato presente in questi gior

Vorrei che andassi lì, appena puoi

La prima idea a cui pensi è "conflitto generazionale". Ma poi capisci sia che non può essere definito come uno scontro in sé e sia che è assurdo, viste le età a confronto, parlare di generazioni. Non ci sono  culture  contrapposte e poi  la contrapposizione  implicherebbe   due forze più o meno simili, che si fronteggiano, mentre qui almeno una delle due è una forza praticamente inesistente. Sto parlando degli scontri fra i bambini piccoli e gli adulti, siano essi i genitori, i nonni o semplicemente dei conoscenti. So che l'argomento è vasto e che contiene una miriade di variabili, ma ciò che mi salta all'occhio è che, ogni qual volta il mondo dei grandi e quello dei più piccoli entrano in conflitto, la violenza che ne scaturisce è sempre destinata a colpire questi ultimi. Non sto dicendo che le due età non debbano confrontarsi e, anzi, a volte si va inevitabilmente oltre il confronto verbale proprio perché...mancano le parole. Il punto però è che la  lotta  è sempre

Cose che avevo dimenticato

Che cosa strana è la memoria! La mia capacità di ricordare è di un tipo assolutamente pragmatico: ricordo ogni cosa che devo fare, la lista completa degli acquisti e delle faccende da sbrigare, tutti gli impegni da mantenere. Tengo a mente invece con difficoltà molte cose che sono accadute, il passato che è ormai alle spalle, le storie lette o viste al cinema. E' chiaro, certi ricordi - come la nascita di un figlio - sono indelebili, ma col tempo la loro forma tende sempre più a sfumare per andare all'essenza, mentre si perdono i particolari, si dimenticano per sempre o quasi. La mia occasione per riviverli è stata la nascita del mio secondo figlio. Chi si ricordava che un neonato - ben piazzato e con misure più o meno simili al primo - fosse tanto piccolo e gracile.  E chi si ricordava del peso: una piuma di fronte a quello del fratello. E chi si ricordava che un peso tanto leggero, tenuto su un braccio - per più di un'ora e in una posizione  soltanto per lui  ergonomica -

Da figlio a fratello

La rivoluzione avviene nella maniera più rapida e meno indolore possibile: nonostante ogni accortezza, tutte le rassicurazioni del caso e la preparazione 'psicologica' che ha preceduto il momento fatidico, il fratello è piombato in casa senza bussare, con la sua culla, i suoi pianti, le poppate e le veglie notturne. E Dodokko si è ritrovato, da un giorno all'altro, a essere, nella sua percezione, sempre meno un figlio e sempre più un fratello. Un processo che i genitori non avvertono nella sua velocità altissima, ma che di fatto è tale nella realtà e nella mente del primogenito, molto più sensibile nel cogliere certi mutamenti radicali.   Dunque, il passaggio netto da figlio a fratello, il tentativo di mamma e papà, fallito fin da subito, di rallentarne gli effetti traumatici e tutto il carico di conseguenze di una trasformazione necessaria: niente più figlio in esclusiva, mai più centro d'ogni attenzione e, soprattutto, genitori e punti di riferimento condivisi con qua

Piccolo il mondo visto con i miei occhi

Con i miei occhi nuovi vedo soltanto una parte del mondo che mi gira intorno: un mondo grande e un mondo piccolo, perché io stesso sono piccolo. Ma quel che conta non sono i pochi oggetti quotidiani delle mie attenzioni, ma il fatto che esse siano per me delle novità assolute, cose ancora senza un nome per definirle e che riescono a meravigliarmi ogni giorno di più.  Con i miei occhi nuovi colgo solo il mio punto di vista e Piccolo il mondo  è il racconto di ciò che vedo, il diario, in prima persona, di una nascita: la mia. Nda: come spiego nella presentazione del blog, dovremmo provare a cambiare prospettiva, soprattutto in presenza di un bambino appena nato. Così, ho provato a mettermi nei suoi panni, per la verità un po' stretti. Ma, fra tutte, è quella mentale, per noi adulti, la dimensione meno elastica, quella che più di qualsiasi altra siamo costretti ogni giorno ad affrontare.

Il nostro amore

E' la prima volta che lo faccio: non il prendermi una licenza poetica, perché questo l'ho già fatto altre volte, ma il dedicare una poesia su questo blog soltanto a mia moglie, che generosamente mi ha dato un altro figlio appena qualche giorno fa. Il nostro amore Il nostro amore non è una fune sospesa sulla linea dell'orizzonte su cui ballano due giocolieri professionisti con un gancio di salvataggio alla schiena e sopra una rete di protezione Il nostro amore non somiglia all'eternità Non è perfetto né infallibile né romantico Il nostro amore è fatto di istanti gli stessi che riempiono le nostre valigie nel pazzo viaggio della vita Il nostro amore solca la linea del tempo E come un marinaio alla deriva su una zattera priva di bussola attraversa tempeste e lagune oceani gelidi e mari de sud Il nostro amore non è immortale ma è un amore fin troppo umano pieno di gioia e disperazione Senza promesse e denso di dubbi fitti come la nebbia del mattino Il nostro amore se ne va

Anche questa è violenza

Mi ricollego per un momento al post precedente  sugli scontri a Roma fra studenti e forze dell'ordine e sull'auspicio che ho espresso perché mio figlio non si trovi mai a parteciparvi. Lo faccio soltanto per aggiungere che ritengo gli episodi di violenza di martedì paragonabili alla violenza a cui ho assistito oggi. Ministero dell'Istruzione, due giorni dopo la guerriglia nella capitale, ore 11: gli studenti della scuola elementare sono schierati come marionette, messi in riga dalle insegnanti, pronti ad accogliere il ministro Gelmini e il sindaco Alemanno per la presentazione del progetto 'La scuola per Roma 2020', che ha l'obiettivo di coinvolgere le scuole italiane nella promozione della candidatura della capitale alle Olimpiadi che si svolgeranno fra 10 anni e, come recita il comunicato, di "diffondere fra i più giovani i valori dello sport e dello spirito olimpico".  Fin qui nulla di inconsueto, a parte l'ammaestramento, per necessità coreogra

Scontri a Roma, se mio figlio fosse stato lì in mezzo

Ieri ero in mezzo a loro, i guerriglieri studenti e i guerriglieri poliziotti, nella più grande esaltazione generale mai veduta (in entrambe le parti). Una triste follia collettiva è ciò che ho potuto osservare, fra le lacrime, che sono riuscito a trattenere a stento, per il dispiacere che queste scene mi hanno causato: giovani e giovanissimi che combattevano tutti contro tutti, anche fra di loro, maschere di sangue, poliziotti, anch'essi vittime, che reagivano alla violenza con altrettanta, ferma violenza. Ciò che ho visto è stato il solito crudele gioco delle parti, in cui gli studenti dovevano portare all'esasperazione il loro ruolo previsto per quel giorno e le forze dell'ordine dovevano rispondere, per dimostrare che lo Stato c'è e che la città non può essere abbandonata ai disordini. Ma ciò che ho visto è stato anche il massacro delle parti, nella mischia dove le divise e le bandiere si confondono e gli occhi e le menti sono accecati dai lacrimogeni e dagli scoppi

Cancellare l'infanzia nell'attesa di giorni migliori

"Hai letto la notizia su Repubblica di stamattina? Sembra che i bambini che frequentano il nido andranno meglio a scuola", mi riferisce entusiasta un mio collega a pranzo. "Sì, l'ho letta. E tu hai visto che apprendono meglio l'italiano quei bambini ai quali i genitori sono soliti raccontare la propria giornata piuttosto che leggere loro un libro?", gli faccio eco citando 'lo studio' pubblicato sul Corriere della Sera. Quante novità, oggi sui giornali! E quanti consigli per investimenti sicuri, a breve e medio termine, per il bene dei figli! Mi viene in mente la storiella secondo la quale il nido fa bene ai piccoli perché, ammalandosi continuamente, rafforzano il proprio sistema immunitario. Secondo i teorici di questa impostazione, sarebbe un bene che i neonati di pochi mesi si riempiano di antibiotici e di cortisonici per contrastare batteri e virus che, se inizialmente dannosi, non tarderanno prima o poi a rivelare le proprie benefiche virtù. Mi s