Una di quelle domande a cui, su due piedi, non si sa come rispondere: "Papà, che cos'è la felicità?". L'argomento è talmente soggettivo, uno può essere felice per qualcosa che magari non interessa affatto a un altro o che quest'ultimo addirittura disprezza. E allora, che raccontare a un figlio, che per me la felicità è l'occasione di un sorriso, tanto inaspettato quanto improvviso, che può capitare un giorno qualsiasi nel bel mezzo del trambusto assurdo dell'esistenza? Oppure, che la felicità è quando si accorcia la distanza, quasi sempre insormontabile, fra il dove sono e i tanti dove vorrei essere? Dirgli, per esempio, che non mi basta il tempo che ho per fare ciò che vorrei? Che la vita assieme è soltanto lo scarto, solamente questo, di ciò che ci resta al termine della giornata? Parlargli della mia infelicità, un sentimento in definitiva non più grande, né avvertito con più forza, di quello di ogni altro essere vivente, ma che rimane pur sempre il solo