"Forza, che ce la facciamo anche oggi". Dico così, quando lo incrocio, a un mio conoscente che incontro spesso al parco, commentando il caldo che questo pomeriggio colpisce sia noi che i nostri cani, tutti i giorni a passeggio su prati ormai arsi dal sole. Lui mi risponde con un consiglio, quello di portare, quando ho tempo, Spot al lago, in un posto allestito per i cani, dove può fare il bagno. Al che gli confesso le mie resistenze riguardo i laghi, gli dico che li trovo luoghi con poca ventilazione, perché spesso sorgono all'interno di una conca, a volte, come quelli vicino Roma, nel cratere di un vulcano spento. "E poi - aggiungo - non mi piacciono i posti cinocentrici, dove tutto ruota attorno al nostro amico a quattro zampe, e dunque non c'è spazio per le persone, almeno per quelle intenzionate a rilassarsi e a godere un po' del fresco anche loro". Obietta che il lago di cui mi sta parlando "è ventilato, si sta bene, meglio che al mare". ...
Non ho mai visto una panchina che di notte si schiodi dal terreno e se ne vada in giro per il parco. Eppure, nelle assi dilatate dalla pioggia e bruciate dal sole leggo un volto che ha rughe di legno, lisce grazie a uno scultore che non usa scalpelli e lime, ma la forza del tempo e dell'attesa. E che è bello accarezzare con la mano della memoria. Saranno passati almeno dieci anni da quella sera di ottobre. Eravamo più giovani e al culmine della felicità, ma con nell'animo un vago e immotivato presagio di caduta. Tu sei andata via e non sei più tornata, né io ti ho aspettata. La panchina era ferma al suo posto già prima di noi. Ed è ancora lì, sopra l'erba ora verde e adesso gialla, indifferente al passaggio delle stagioni, di chi si siede o semplicemente le passa accanto. Ed è come se in tutto questo tempo nulla d’importante sia mai accaduto. Il legno adesso fa c...