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Genialità non fa rima con paternità

Qualche giorno fa sono stato invitato a rispondere a un sondaggio su genialità e paternità. La domanda era questa: il genio deve sacrificare i propri doveri di genitore per rendere, in cambio, un grande beneficio all'umanità? Ho risposto di no, ovviamente, dato che per me chi ha fatto la scelta di diventare genitore si prende una responsabilità che dura per tutta la vita e che deve precedere ogni altra scelta futura. Dal momento che ha messo al mondo dei figli, il genitore non può, di fronte a nulla e in nessuna circostanza, dimenticare di esserlo. Neanche davanti alla possibilità di rendere un grande beneficio all'umanità. La domanda, tipica dei sondaggi, imponeva una risposta secca, un sì oppure un no, nessuna via di mezzo. Ma, se si potesse rispondere in maniera più esaustiva, direi che la domanda è mal posta perché, secondo me, dà per scontato che il genio, che opera beneficamente per l'umanità, senta di avere dei doveri di genitore e si ponga il problema se sacrificarl

Una doccia fredda

Sto per uscire dal lavoro ma, siccome piove, mi siedo a un tavolo con tre colleghi nell'attesa che il tempo migliori. Parliamo del più e del meno, infine dei figli. Uno di loro, che conosco poco, mi racconta dei suoi tre bambini, nati a tre anni di distanza l'uno dall'altro. Il primo ha dieci anni, il più piccolo quattro, sette quello in mezzo. E' molto preciso e mostra di sapere ciò che dice, ovviamente non solo riguardo l'età dei figli, ma soprattutto per quel che racconta dopo. Non so come, infatti, a un certo punto la conversazione si sposta sulle diversità caratteriali delle persone, che sono il più delle volte innate, soprattutto se si parla, come in questo caso, di bambini piccoli. Con un carattere che va formandosi, è vero, ma è ancor più vero il fatto che una cosa che nasce tonda non può diventare quadrata a meno che, per quadratura del cerchio non ci riferiamo alla famosa storia della madre che giustificava il figlio e che più o meno diceva così: "E&#

La prima pagella

"Che cosa devo dirle di suo figlio? E' bravo a scuola". Durante il colloquio con le maestre per il ritiro della prima pagella di Dodokko, l'insegnante di matematica (l'unica rimasta in classe al mio arrivo, quella di italiano era dovuta andare a prendere di corsa il treno) non ha avuto granché da commentare i voti del primo quadrimestre che mi mostrava: una sfilza di sette e anche alcuni otto, uno perfino in musica, materia mai insegnata a mio figlio, come lui stesso mi ha raccontato la sera a casa (però il giorno dopo gli è venuto in mente che forse musica la fanno...quando cantano le canzoni in inglese). Ho guardato rapidamente la pagella, senza soffermarmi sulle materie, e l'unica domanda che ho saputo fare alla maestra è se mio figlio è educato e se, durante le lezioni, segue con attenzione o si distrae facilmente. L'insegnante mi ha rassicurato: "E' un bambino diligente che, anzi, vorrei fosse meno riservato". Ciò che penso è che i voti

La cattiveria e la commedia umana

Ancora fino a pochi anni fa, credevo che il modo di comportarsi delle persone dipendesse da ciò che esse erano: il carattere, la cultura, l'esperienza. Mettevo al primo posto la coerenza fra quello che siamo e quel che facciamo. Non immaginavo la possibilità che si potessero avere in mente dei secondi fini. Credevo nella parola data e soprattutto in quella mantenuta. Addirittura, non ipotizzavo l'esistenza di persone cattive: il male, secondo me, era dovuto all'ignoranza perché chiunque desidera e si comporta in modo tale da perseguire ciò che ritiene sia il bene. Anche il ladro che mi rubò la macchina - ero pronto a giustificarlo, anche se sporsi denuncia - probabilmente aveva bisogno di farlo, non trovando - immagino - un lavoro onesto, per mangiare.  Ero un idealista e le mie posizioni erano certo estreme, ma che vuoi farci se allora, e a volte anche adesso, la pensavo così. Non ero un ingenuo e avevo già avuto anch'io la mia parte normale di delusioni e di fregature

Due fratelli

A volte un colpo di fortuna può trasformarsi in una sciagura e rovinare la vita di chi ne è colto. La storia di cui sto per parlare me l'ha raccontata la persona che la scorsa estate mi ha affittato la sua casa al mare, nel sud dell'Italia, dove abbiamo trascorso le vacanze. Con gentilezza e disponibilità, un giorno mi accompagna con la sua macchina a fare degli acquisti e, fra gli altri posti nei quali ci fermiamo, c'è un banchetto di frutta e verdura ai margini di una strada di campagna. Io compro quel che mi serve, uva, pesche, insalata e melanzane, lui prende alcune cassette di pomodori che gli servono per fare le passate per l'inverno.  Il fruttivendolo è aiutato dalla moglie nel suo lavoro, è un tipo taciturno, che ci passa quel che ci serve senza parlare e che, quando si rivolge alla consorte, lo fa con dei gesti accompagnati da monosillabi. Alla fine della spesa, saluta il mio accompagnatore senza sorridere e neanche risponde al mio "arrivederci". Cari

La casa bianca

Mi è capitato qualche giorno fa di andare in una casa bianca (a Roma, non a Washington). E' l'appartamento di un amico di Dodokko che vive assieme alla mamma e a una cameriera-baby sitter. La madre del piccolo è separata da qualche anno, è una modaiola incallita, griffata da capo a piedi e che griffa anche il figlio. I loghi che ostenta, così come il telefonino all'ultimo grido, le conferiscono la sicurezza di cui ha bisogno nei rapporti con gli altri. Niente di male, in questo: preferisco una persona di tale specie a una che, per le stesse ragioni, si rovina la salute con le sigarette o gli psicofarmaci. E poi, chi non ha bisogno di sentirsi certo con gli altri e al sicuro in casa propria?  Anche per questo motivo l'appartamento è prevalentemente bianco, così come suggerito dagli ultimi numeri delle riviste di arredamento, ma il bianco che impera negli abiti, nelle automobili e nei cellulari, a me non piace affatto. Anche se il bianco, ce lo hanno insegnato a scuola, è

L'orologio in cucina

L'orologio in cucina segna le quattro, cinquantacinque minuti e cinque secondi, ma potrebbero benissimo essere le sedici, cinquantacinque minuti e cinque secondi. L'orologio nella cucina della casa, dove sono nati i miei bambini e dove qualche volta torniamo, infatti, non dice la verità. E' fermo e ha interrotto il suo tentativo di inseguire il tempo in un certo momento della sua vita, di mattina molto presto o nel pomeriggio di un giorno ben preciso, ma non è dato sapere quale, infatti questo orologio segna le ore, i minuti e i secondi, non i giorni, e nemmeno gli anni.  Ho osservato più volte l'orologio della cucina durante la mia breve permanenza in questa casa per le feste di Natale, nell'attesa, non dico nella speranza, che almeno la lancetta dei secondi scattasse, magari una volta soltanto, e si spostasse di una tacca, grazie non a un ultimo anelito delle batterie, che ormai saranno completamente esaurite, ma per una minima forza di inerzia, una ruotina dentat

Oggi è l’ultimo giorno dell’anno

Oggi è l’ultimo giorno dell’anno. In tutto il mondo retto da questo calendario le persone si intrattengono a dibattere con se stesse le buone azioni che intendono mettere in atto nell’anno che incomincia, giurando che saranno rette, giuste ed equanimi, che dalla loro bocca emendata non uscirà mai più una parola cattiva, una bugia, un inganno, anche se il nemico se lo meritasse, è chiaro che è degli uomini comuni che stiamo parlando, gli altri, quelli d’eccezione, fuori dell’ordinario, si regolano in base a ragioni proprie per essere e fare il contrario sempre che ne ricavino gusto o interesse, questi sono coloro che non si lasciano illudere, arrivano a ridersela di noi e delle buone intenzioni che mostriamo, ma, alla fin fine, lo impariamo con l’esperienza, già nei primi giorni di gennaio abbiamo dimenticato metà dei nostri propositi e, avendo tanto dimenticato davvero non c’è motivo di tener fede al resto, è come un castello di carte, se sono già caduti i piani alti, è meglio che rov

Qualcuno alle loro spalle è scomparso per sempre

I bambini sono nella stanza accanto e la signora mi dice: "Mi è dispiaciuto per tua zia". "Non dire niente a Dodokko: le era affezionato", mi raccomando subito, aggiungendo ad alta voce un pensiero che mi viene in mente lì per lì: "Questi bambini non fanno in tempo a girarsi da una parte che qualcuno alle loro spalle scompare per sempre". "Dov'è?", chiederanno un bel giorno e la risposta sarà vera o falsa, a seconda dell'età che avranno in quel momento, oppure una mezza verità o una mezza bugia, che è la spiegazione più probabile che potremo dargli, ne sono convinto, fra qualche anno soltanto. Ma il fatto resta, ed è che, ai loro occhi, la gente sparisce, all'improvviso, di punto in bianco, senza una ragione e senza la minima spiegazione. Poco prima che morisse mio padre, fu proprio questa zia a dirmi come stavano le cose e ciò che sarebbe successo di lì a pochi giorni. Eravamo a Milano, in una macchina che ci portava all'ospedale

Gli sdraiati: quando il dialogo fra padri e figli adolescenti è 'inesistente'

Se ne stanno stesi sul divano, col telefonino in mano o con il tablet, a ciattare e, se li interrompi, rispondono al massimo con dei monosillabi. Sono con se stessi, ciascuno per conto proprio, anziché con gli altri. Preferiscono inviarti un sms anche se ti trovi nella stanza affianco, invece di venirti a parlare di persona. Prendo spunto da Gli sdraiati , il libro autobiografico di Michele Serra che non ho ancora letto e che mi è stato segnalato, per scrivere a mia volta qualche nota autobiografica sul rapporto fra padri e figli adolescenti. Ma prima di iniziare vorrei fare un avvertimento o una premessa per così dire 'propedeutica' al racconto della mia esperienza.  Come dice Serra, è la rarefazione - sempre più marcata a causa delle nuove tecnologie - dei rapporti interpersonali alla base del dialogo 'inesistente' fra generazioni diverse. Ma la mancanza di comunicazione fra padri e figli non è dovuta al silenzio degli uni o degli altri, come sostiene lo psicanalista