Qualcuno ha detto che, più che conoscere, noi esseri umani, siamo in grado di ri conoscere. L'uomo che stamattina ho visto attraversare la strada, mentre ero fermo al semaforo a guardarmi attorno, assomigliava a uno di quegli ebrei scampati da Auschwitz. Era, infatti, un cinquantenne tutto pelle e ossa, alto, di carnagione pallida, i capelli molto corti e rasati sulla nuca, la schiena ingobbita sotto il peso di due pesanti borsoni. Di prima mattina, l'aria era abbastanza fresca, ma lui portava dei sandali senza le calze. Indossava pantaloni di velluto beige puliti e stirati e una camicia con le maniche corte. Osservandolo attentamente, ho pensato che potesse essere un senza-tetto dell'Europa dell'est, che magari stava andando a cercarsi un lavoro. Soprattutto, con l'immaginazione mi sono soffermato sulla fatica che poteva compiere, un uomo tanto esile, trasportando, apparentemente senza sforzo, il contenuto delle sue valige. Ho pensato anche al freddo che lo colpiv
appunti di viaggio di Cristiano Camera