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Visualizzazione dei post con l'etichetta libri

Sylvia Plath o la proibizione di soffrire

Sto leggendo con mia grande meraviglia uno dei libri 'fondamentali' sull'infanzia: La persecuzione del bambino , di Alice Miller, la celebre psicanalista e divulgatrice che, a un certo momento della sua vita - quando si accorse che "la teoria e la pratica psicanalitica mascherano o rendono irriconoscibili le cause e le conseguenze dei maltrattamenti infantili, tra l'altro qualificando come fantasie quelli che invece sono fatti concreti" - decise di uscire dall'Associazione internazionale di psicanalisi.  "Gli studi filosofici, la formazione psicanalitica e l'esercizio della professione di analista mi impedirono per lungo tempo di rendermi conto di molti fatti - racconta la Miller -. Riuscii a poco a poco a scoprire la mia storia, fino a quel momento rimasta nascosta, solo quando fui disposta a eliminare la mia rimozione, a liberare la mia infanzia dalla stretta gabbia delle convinzioni pedagogiche e della teoria psicanalitica, allorché rifiutai l&

Voglio veder volare un aquilone

"Il suo corpo nudo contro la notte, contro i miei fantasmi. E' più in alto di me, è ferma e lucente come una statua di bronzo. E quel pensiero mi raggiunge come l'unico che esista. - Facciamo un figlio. L'ho colta di sorpresa. Sorride, sbuffa dal naso, alza le sopracciglia, si gratta una gamba, una sequenza di piccole manifestazioni di disagio. - Fatti togliere la spirale - Stai scherzando? - No. E sento che vorrebbe non aver capito. Siamo marito e moglie da dodici anni, e non abbiamo mai sentito il bisogno di qualcosa che si aggiungesse a noi. - Lo sai che non ci credo... - In cosa non credi? - Non credo nel mondo Cosa stai dicendo? Che mi frega del mondo, di tutta quella carne anonima. Sto parlando di noi. Del mio piccolo uccello, della tua piccola cosa. Sto parlando di un puntino. Di una lucciola nel buio. - Non me la sento di mettere un figlio in questo mondo... Ti stringi le gambe, ti fai piccola e vorresti essere uno scarafaggio per andartene via lungo il muro. E

Insegna anche tu al tuo bambino la Regola del Quinonsitocca

Circa un bambino su cinque è vittima di varie forme di abuso o di violenza sessuale. Non permettere che accada al tuo bambino. Insegna al tuo bambino la Regola del Quinonsitocca , appena lanciata in Italia dal Consiglio d'Europa. La Regola del Quinonsitocca è una guida semplice che aiuta i genitori a spiegare ai bambini dove non devono lasciarsi toccare, come reagire e dove cercare aiuto. Che cosa è la Regola del Quinonsitocca? È semplice: un bambino non deve lasciarsi toccare le parti del corpo che sono generalmente coperte dalla biancheria intima. E non deve toccare gli altri in quelle parti. La Regola aiuta inoltre a spiegare al bambino che il suo corpo gli appartiene, che ci sono segreti buoni e segreti cattivi, e modi di toccare buoni e modi di toccare cattivi. A tale proposito è possibile scaricare il libro in .pdf Kiko e la mano che può essere d'aiuto per insegnare la Regola del Quinonsitocca. Come insegnare la Regola del Quinonsitocca La Regola del Quinonsitocca è stat

Amarli (senza se e senza ma)

Amarli senza se e senza ma è il titolo con cui è uscito in Italia Unconditional Parenting , il libro di Alfie Kohn che ho appena finito di leggere. Quello presente nella traduzione italiana, pubblicata da Il leone verde, rappresenta un bel modo di definire l'argomento che vi è trattato, 'l'amore incondizionato', senz'altro meno tecnico e schematico che non nel titolo della versione originale. Il tema è quello di un nuovo approccio educativo da parte dei genitori verso i figli, non più basato sulla logica dei premi e delle punizioni, ma sull'amore e la ragione. Un modo di educare - se ci si pensa - rivoluzionario, perché generalmente le tecniche adottate più o meno inconsciamente da tutti si rifanno al cosiddetto 'comportamentismo'. Ossia, per sintetizzare, a uno schema tipo: mio figlio si comporta bene? Allora lo premio. Si comporta male? Lo punisco. Secondo l'autore americano invece, bisogna superare questi schematismi, con tutta la gamma (ovviamen

Quando il papà è in 'dolce attesa'

Se per una volta cambiassimo la solita prospettiva e invece di dire: "Mi è nato un figlio", dicessimo: "Mi è nato un papà", a parlare sarebbe il figlio appena nato. Il quale - come si sa - ancora non sarebbe in grado di esprimersi con le parole, però potrebbe già delegare, soprattutto qualora fosse in presenza di genitori attenti e sensibili, che in sua vece potrebbero prendere la parola. Proprio come ha fatto il pediatra Alessandro Volta, nel suo libro Mi è nato un papà , appena uscito per le edizioni Urra - Apogeo, che ha voluto scrivere un racconto partendo da un punto di vista inedito: quello dei padri in attesa del lieto evento ovvero di ciò che passa per la loro testa durante la gravidanza delle loro compagne. E che - scrivendo - ha dato la voce alla piccola Lisa, la quale ha potuto così assistere alla nascita de' 'Ilpapà', del genitore venuto al mondo nello stesso istante in cui lei stessa è nata. Chissà se si potrà mai parlare addirittura di 

Così dev'essere

Nel post precedente ho scritto che anche i bambini non sono esenti dai condizionamenti e che "ciò che mi sconcerta davvero è propriamente l'azione - per così dire - dal basso, dal banale, dal quotidiano più stupido, finalizzata al controllo, all'ortodossia, al 'così dev'essere'". Ho appena terminato di leggere Caino, l'ultimo libro pubblicato da Feltrinelli di José Saramago, il premio Nobel per la letteratura, lo scrittore ateo e materialista morto a giugno, già autore del Vangelo secondo Gesù Cristo. Vorrei citare alcuni estratti di Caino , senza commentarli, così come si usa mentre si guardano le immagini parlanti di un film muto. Si tratta - questa volta - di esempi di azioni dall'alto, finalizzate come sempre al 'così dev'essere' e dirette verso l'Umanità tutta, bambini inclusi. Anzi, qui certamente si ha a che fare con l'Esempio e l'Azione, con le lettere maiuscole. Esempio e Azione, tuttavia, imperscrutabili. "Ad

La cosa fondamentale

"Ci fermammo di fronte a un altro dipinto: - Questa è sua moglie, questi sono i suoi due bambini. Guarda lo sfondo, è nero. La moglie è stanca, affaticata dalla vita. I due bambini sono spauriti, guardano da qualche parte, con inquietudine. Tre figure ritagliate su uno sfondo buio. Sembra che il pittore dica: ecco che cosa sono riuscito a strappare alla morte" (Tiziano Scarpa, Le cose fondamentali , Einaudi, p. 159). Questa volta non ho scritto alcuna premessa, non ho messo le mani avanti come nel post precedente 'Figli come opere d'arte' , ma ho voluto andare diritto al punto, alla 'cosa fondamentale' del libro sulla paternità di Tiziano Scarpa. E cioè che per tutta la loro vita l'opera d'arte dei genitori consiste nello strappare i figli alla morte. Nell'allontanare il più possibile questo momento inesorabile, che invece deve colpire loro, per primi. E lo fanno ogni giorno, passo dopo passo, ogni momento che se ne prendono cura. "Strapp

Figli come opere d'arte

Una premessa, anzitutto: non sono un critico letterario, quindi, ciò che dirò del libro di Tiziano Scarpa, Le cose fondamentali, che ho appena finito di leggere, riguarda il mio gusto personale e, soprattutto, ciò che penso della letteratura e dell'arte in generale. Cioè che essa deve essere espressione (in bella forma) dei nostri pensieri. Tengo a fare questa precisazione perché, appena chiuso il volume, ho fatto una ricerca sul web per trovare qualche recensione del libro e molti commenti che ho letto sono semplicemente negativi. Eppure, a me il libro è piaciuto...ma può anche darsi il caso che io non l'abbia capito, dato che mi pare di trovarmi in minoranza. Ma veniamo alla sostanza: soprattutto mi è piaciuta, perché la condivido appieno e perché mi ha dato lo spunto per una serie di riflessioni, l'espressione dell'antagonista, nel racconto di Scarpa, secondo cui "i figli sono (devono essere) come delle opere d'arte". E' facile fare dei figli, molt

Il 'Conflitto' della Badinter e il fallimento della donna-madre

Da un po' di tempo si parla molto dell'ultimo libro di Elisabeth Badinter Le conflit. La femme et la mère (Flammarion). A stupirmi non sono molto gli articoli, pubblicati sui quotidiani e sui blog, del saggio della filosofa femminista francese, ma i commenti di tante persone, così tante madri, schierate dalla parte dell'autrice. Quando ho letto le recensioni del libro sui vari mezzi di comunicazione in cui sono apparse, la prima idea che mi è balenata è stata di trovarmi di fronte a un tentativo, per altro ben riuscito stando alle vendite in Francia, da parte della Badinter di dire cose volutamente sovversive parlando di maternità da un punto di vista del tutto innaturale. In sintesi, mi è parso che, sedendosi al tavolino, la scrittrice abbia 'teorizzato' in maniera del tutto aprioristica una sua visione dell'argomento che non tiene conto di un fatto imprescindibile: che i due elementi del binomio 'donna-madre' non sono antitetici fra loro, ma complemen

Merda

Se la sintesi di tutto fosse racchiusa proprio in questa parola: merda? Pare che l'essenza del rapporto fra genitori e figli, degli uni verso gli altri e viceversa, in ogni senso lo si legga, sia esattamente quella di prendersi cura, prima o poi, della merda altrui . Almeno, stando agli ultimi due libri che ho letto, che a parte la merda, figurata o vera e propria che sia, hanno a che fare molto poco l'uno con l'altro. Si tratta de' La cena e di Patrimonio , rispettivamente di Herman Koch e di Philiph Roth. Non un gran che il primo, avendo deluso la mia aspettativa di trovarvi una sorta di dilemma sofocleo. Senz'alto migliore e, come sempre, fatto molto bene, quello dell'autore americano. Ma torniamo all'argomento di partenza, alla merda. Nel racconto dello scrittore olandese i genitori debbono togliere dai guai il figlio, responsabile, assieme al cugino, di un omicidio orrendo. E lo faranno proteggendolo in maniera certamente diseducativa (ma ciò non conta

Nasce un figlio e la coppia...scoppia

La domanda della settimana è la seguente: ha senso parlare (ancora) di 'coppia' dopo la nascita di un figlio? Non è una questione da poco e a cui si può rispondere sì oppure no, in maniera scontata, dato che non sono pochi - è triste dirlo ma è proprio così - i matrimoni che entrano in crisi con l'arrivo di un bebè. Chi sa cosa succede in queste famiglie improvvisamente 'destabilizzate' a causa del terzo, spesso neanche a dirsi 'imprevisto', incomodo. Fatto sta che per salvare figli e matrimonio, secondo il family coach David Arthur Code, è necessario che marito e moglie pongano come priorità il loro esser coppia e pensino che i figli debbano stare sì al centro, ma non essere il centro. La ricetta della felicità, l'ennesima, in altre parole è la seguente: prima loro due e poi i figli. Famiglia non più bambinocentrica , ma genitoricentrica : questo il nuovo segreto della felicità familiare. Insomma, prendete più spesso una baby sitter e riservate per vo

Storia della paternità. Dal pater familias al mammo

Quella della paternità è una questione complessa e sfaccettata, non racchiudibile nel clichè del padre assente o del "mammo". In Storia della paternità. Dal pater familias al mammo, da oggi in libreria, Maurizio Quilici, giornalista che da anni si occupa dell'argomento e presidente dell'ISP (Istituto studi sulla paternità), ha analizzato più di quattromila anni di storia alla ricerca dei diversi significati che questa figura ha assunto nel tempo: dalla mitologia greca al ruolo misterioso che ricopriva nella cultura etrusca, dalla centralità nell'antica Roma alla modificazione della sua funzione sociale col cristianesimo, dalla nuova educazione illuminista alla nascita della psicoanalisi e del 'complesso di Edipo' fino al Novecento con le contestazioni giovanili, l'emancipazione femminile e la recente 'rivoluzione paterna'. "E’ una ricerca corposa ma, spero, di piacevole lettura - afferma Quilici -, che può dare molte informazioni a chi si

La strada

"Lui ci provava a parlare con Dio, ma la cosa migliore era parlare con il padre e infatti ci parlava e non lo dimenticava mai". Finisce così La strada di Cormac McCarthy, che ho appena letto. Un libro bello e terribile che non consiglio ad alcuno dei miei amici, poichè chiunque conosca è dotato di sentimenti ed è potenzialmente incline alla depressione. Al centro della storia c'è la strada, che padre e figlio percorrono nel giorno della fine del mondo. Infatti, anche se la trama si sviluppa in uno spazio temporale maggiore di 24 ore, non è possibile parlare di 'domani' in un contesto apocalittico come quello descritto. Non c'è futuro, non c'è speranza e non ci sono nemmeno sogni nel racconto. Genitore e bambino 'sopravvivono alla giornata', eppure vanno avanti sulla strada, perchè fermarsi equivale a morire. Attorno a loro soltanto pericoli, assenza quasi totale di luce, freddo, cenere e distruzione. C'è solamente la strada, fusa e risolidific