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"Il nostro primo viaggio"

Il figlio grande ha chiamato "il nostro primo viaggio" quello che sabato abbiamo fatto in bicicletta da casa in pineta. Lo ha definito così perché è stata la prima volta che siamo andati da qualche parte pedalando su tre biciclette differenti: la sua, la mia e quella del figlio piccolo. Il secondogenito è caduto poco dopo essere partiti: c'era una buca nell'asfalto, la rotellina si è infilata lì dentro, la bici si è piegata su un fianco e il piccolo si è ritrovato per terra, dopo aver sbattuto la testa. Si è messo a piangere, l'ho consolato, ho guardato fra i capelli, dove la cute si era appena arrossata, si è lamentato ancora un poco ma poi si è calmato subito ed è ripartito come se nulla fosse. Ho detto ai bambini che "da domani si usano i caschi", che "a casa ne abbiamo uno rosso per il grande e uno giallo per il piccolo", ma quasi non ho fatto in tempo a convincerli che, appena arrivati in pineta, il figlio grande si mette a correre, perde

E poi c'era questo ballo di rondini

Andiamo a pescare quasi ogni mattina. Il bambino grande entra in camera e mi sveglia. Facciamo colazione e poco dopo siamo già in spiaggia. I primi ad arrivare, mentre il sole inizia a spuntare dal mare e a brillare su quel gigante azzurro ancora addormentato. Sappiamo di avere poco tempo per fare tutto, perché di lì a poco, in una o al massimo due ore, siamo diventati degli esperti in questo, l'acqua si incresperà, come succede tutti i giorni. E noi vogliamo approfittare di quella calma provvisoria non solo per pescare, che non vuol dire necessariamente prendere dei pesci, ma fare qualcosa insieme o farne una mentre chi sta vicino ne fa un'altra, contribuire in definitiva a qualcosa, e intanto parlare, andare e tornare, guardare l'orizzonte da una parte e la costa dall'altra, e osservare, in mezzo, le profondità che mutano sempre, la sabbia bianca e le secche vestite di posidonia, accorgerci di un movimento improvviso, in terra o in cielo o nell'acqua, nella monoto

Per un pugno di riso

Ho appena letto questo libro tanto famoso,  Lo Zen e l'arte della manutenzione della motocicletta, la storia di un viaggio in moto, agli inizi degli anni '70 attraverso gli Stati Uniti, di un padre e un figlio, nella quale però prevalgono nettamente le riflessioni dell'autore attorno alla cosiddetta Metafisica della Qualità sulla vera e propria narrazione avventurosa 'on the road'. A parte qualche spunto filosofico interessante e meno complicato di altri, che ho trovato qua e là nel volume, mi ha colpito molto l'aneddoto che Robert Pirsig usa per parlare della 'Rigidità dei valori', il racconto di come vengono cacciate le scimmie in India: "La trappola consiste in una noce di cocco svuotata e legata a uno steccato con una catena. La noce di cocco contiene del riso che si può prendere attraverso un buco. L'apertura è grande quanto basta perché entri la mano della scimmia, ma è troppo piccola perché ne esca il suo pugno pieno di riso. La scimmia i

Devono fare ciò che diciamo noi

Tutto bene, la fine della scuola. Ottimi voti, anche in materie di cui, secondo me, il figlio grande non conosce neanche l'esistenza. Probabilmente, in prima elementare conta soprattutto l'approccio e la propensione per lo studio che si dimostra di possedere, non ciò che si è realmente appreso.  Adesso sta frequentando un centro estivo. Una volta - mi ha fatto notare il fornaio - c'erano i nonni a tenere i bambini durante le vacanze, almeno finché i genitori non prendevano le ferie. Adesso ci sono questi posti, che sono un po' il proseguimento, senza discontinuità, della scuola e un po' un circolo ricreativo. Un 'divertimento impegnativo', si potrebbero definire: in questo posto dove lo accompagno tutti i giorni, il figlio grande gioca, recita e fa molto sport, fra cui un corso di nuoto. Io so che è felice di andarci, perché lo vedo sorridere quando il pomeriggio vado a prenderlo e mi racconta, non senza entusiasmo, delle cose che ha fatto.  Però, tutte le m

Ho appena venduto la mia vecchia macchina

Ho appena venduto la mia macchina perché ne devo comprare una più grande, me ne serve una con un bagagliaio possibilmente infinito, chissà se la troverò mai. Aveva sette anni, questa mia 'vecchia' macchina, tanti quanto l'età del mio primogenito. I soldi che ne ho ricavato ammontano a meno di un terzo di quanto l'avevo pagata. La svalutazione, si sa. Eppure, questa macchina l'avevo tenuta bene, aveva fatto i tagliandi annuali, aveva appena cambiato gli pneumatici. Insomma, mi sembrava ancora nuova e non credevo che in soli sette anni fosse invecchiata così tanto. La durata delle cose, il tempo e la sua percezione sono tutte cose relative. E la verità è che non mi importa affatto della mia vecchia macchina e non sono, se è per questo, nemmeno un consumista consumato. Mi importa molto di più delle persone che delle cose. Ma ho iniziato questo post, parlando della mia ormai ex macchina, perché a volte il destino delle cose assomiglia in modo incredibile a quello degli

Tra i fricchettoni cilentani

Dopo la Costiera siamo andati nel Cilento. Ho prenotato un agriturismo vicino a Camerota, ai piedi del monte Bulgheria, da utilizzare come base per visitare parte della Lucania, l'ultimo lembo della Campania al confine con la Basilicata. A parte la vista che si gode da qui e l'ossigeno che si respira, la struttura è molto semplice, senza fronzoli, e neanche senza i lussi normali a cui siamo abituati: l'acqua calda c'è ma arriva dopo dieci minuti da quando hai spalancato il rubinetto, è presente una perdita non meglio localizzata in bagno, non ci sono buste nei cestini, "per non produrre rifiuti superflui", mi è stato detto, anche se non ho capito bene questa spiegazione, e i saponi sono in corridoio, chi li vuole li prende e li usa... sempre "per non inquinare troppo". Ci sono cinque cani bianchi, due gatte, una nera e una grigia con la sua cucciolata di quattro gattini di un mese in una scatola di cartone che puzza di urina, una pecora, una capra, q

I Fitzgerald a Positano

Erano assidui frequentatori della Costa Azzurra, Francis Scott Fitzgerald e sua moglie Zelda, ma, quasi un secolo dopo, io li ho immaginati a Positano. Quante coppie di americani ho incrociato che se ne andavano a zonzo per i vicoli del paesino della Costiera. E quanti ne ho visti seduti nei ristoranti o nei bar, di fronte a una bottiglia di vino o a una tazza di caffè o di cappuccino...al termine di un pasto. A mangiare a tutte le ore, secondo il fuso del paese ospitante o ancora di quello dello stato da cui provengono. In forma smagliante o meglio, come dicono loro,  fit , oppure ciondolanti, fradici di alcol o drunk, se non addirittura pissed  a tal punto da non reggersi in piedi e dover prendere attentamente la mira per centrare uno scalino e non cadere nel vuoto. Ma sempre molto curati nell'abbigliamento, ben stirati, ben sbarbati e pettinati, gli uomini, ben truccate e ingioiellate le loro consorti. Parlano a bassa voce, non sono i caciaroni del Texas, ma verranno dal New Eng

Limoni come vecchie vedove

Abbiamo deciso di andare a Ravello per visitare il paese e per vedere Villa Cimbrone. Le previsioni meteorologiche non sono affatto buone, ma non piove ancora e così ci mettiamo in cammino attraverso la breve strada che da Atrani sale fino ad arrivare alla Terrazza dell’infinito. Un susseguirsi di tornanti, l’andatura della macchina è lenta e spesso dobbiamo fermarci per dare la precedenza alle vetture che procedono nel senso di marcia opposto al nostro, su stradine strettissime che si arrampicano in mezzo a terrazzamenti coltivati a limoni.  Fazzoletti di terra che terminano con muri in pietra e che si affacciano sul mare, al di sopra di altri terreni, a disegnare piramidi maya di terriccio e frutti, bruni e gialli, in un alternarsi continuo di piani ora verticali e ora orizzontali. I limoni si protendono verso l’azzurro da sponde rocciose che ne evitano il naufragio. Qui i muri non servono a dividere i terreni e a delimitare le proprietà, e nemmeno a portare, sopra di sé, altre strut

Perché guardi il mare?

Siamo partiti per la Costiera amalfitana. I bambini hanno guardato Topolino sul computer per tutto il viaggio, circa tre ore. Ci siamo fermati quando il piccolo ha detto che gli faceva male la pancia. È stato quasi all’arrivo, dopo la strada piena di curve che abbiamo fatto da Napoli verso Maiori. Ho parcheggiato poco prima di Tramonti, nel Parco dei Lattari, su un belvedere che dava sul Vesuvio. Ai suoi piedi si distendevano diversi paesi, fra i quali Pompei ed Ercolano.  Quando gli ho detto che la montagna che avevamo di fronte era un vulcano, il bambino grande mi ha chiesto se fosse pericoloso e se potesse eruttare. Gli ho risposto che “sì, potrebbe farlo, e infatti in passato, tantissimo tempo fa, ha eruttato, sorprendendo le persone che vivevano lì vicino, chi nel sonno, chi mentre lavorava, altri mentre giocavano”. Gli ho detto anche che la lava, dopo essersi raffreddata, ha trasformato in statue di pietra quelle stesse persone di cui ha fermato il tempo. Allo stesso modo si comp

Uovo di Pasqua

Lo so io e lo sanno in molti: fosse per me, non festeggerei né la Pasqua, né il Natale, né ogni altra festa comandata. Ma il mio personale disinteresse per le festività non conta nulla, dato che la maggior parte delle gente ama festeggiare questo tipo di avvenimenti, e fanno bene loro, che almeno si divertono. Per me potrebbero benissimo essere giornate come le altre, se non fosse per il fatto che, lo si voglia o meno, nell'aria è presente una certa atmosfera e le persone che hai intorno vogliono comunque fare qualcosa di speciale, e a volte di straordinario, e ti coinvolgono, in un modo o in un altro. In giorni come questi è sempre una corsa: a fare la spesa in supermercati strapieni, a prenotare ristoranti già al completo, a comprare regali per tutti, a telefonare a persone che non senti per gli altri trecentosessantaquattro giorni dell'anno. Per non parlare delle file in macchina, del traffico, a volte anche del caldo, che cominciano già nei giorni prefestivi.  Un'ansia

Alta marea

La linea di solito non è affollata, ma ieri l'autobus che ho preso era strapieno e al suo interno si moriva di caldo. Saranno stati i troppi caffè bevuti, ma sono salito sul mezzo con una nausea che non riuscivo a sopportare. Ero in piedi sul lato opposto alle porte centrali e di fronte a me una signora grassa parlava con un ragazzo. Discutevano del quartiere dove vivono, di come era prima e di come è rovinato oggi. La donna non risparmiava critiche al traffico, alle strade sporche, alla maleducazione. Il giovane ne ammorbidiva puntualmente ogni disappunto, con la frase ricorrente "in fondo non è così male, io ci sto bene": avrà avuto non più di sedici anni e davvero un bel carattere, per contraddire una persona tanto impetuosa. Ho appoggiato lo zaino sullo scalino di un sedile alla mia destra, sul quale stava una vecchina vestita di tutto punto - una specie di regina Elisabetta seduta su un trono di plastica, dagli abiti meno sgargianti della sovrana inglese, ma la petti

Una doccia fredda

Sto per uscire dal lavoro ma, siccome piove, mi siedo a un tavolo con tre colleghi nell'attesa che il tempo migliori. Parliamo del più e del meno, infine dei figli. Uno di loro, che conosco poco, mi racconta dei suoi tre bambini, nati a tre anni di distanza l'uno dall'altro. Il primo ha dieci anni, il più piccolo quattro, sette quello in mezzo. E' molto preciso e mostra di sapere ciò che dice, ovviamente non solo riguardo l'età dei figli, ma soprattutto per quel che racconta dopo. Non so come, infatti, a un certo punto la conversazione si sposta sulle diversità caratteriali delle persone, che sono il più delle volte innate, soprattutto se si parla, come in questo caso, di bambini piccoli. Con un carattere che va formandosi, è vero, ma è ancor più vero il fatto che una cosa che nasce tonda non può diventare quadrata a meno che, per quadratura del cerchio non ci riferiamo alla famosa storia della madre che giustificava il figlio e che più o meno diceva così: "E&#

La prima pagella

"Che cosa devo dirle di suo figlio? E' bravo a scuola". Durante il colloquio con le maestre per il ritiro della prima pagella di Dodokko, l'insegnante di matematica (l'unica rimasta in classe al mio arrivo, quella di italiano era dovuta andare a prendere di corsa il treno) non ha avuto granché da commentare i voti del primo quadrimestre che mi mostrava: una sfilza di sette e anche alcuni otto, uno perfino in musica, materia mai insegnata a mio figlio, come lui stesso mi ha raccontato la sera a casa (però il giorno dopo gli è venuto in mente che forse musica la fanno...quando cantano le canzoni in inglese). Ho guardato rapidamente la pagella, senza soffermarmi sulle materie, e l'unica domanda che ho saputo fare alla maestra è se mio figlio è educato e se, durante le lezioni, segue con attenzione o si distrae facilmente. L'insegnante mi ha rassicurato: "E' un bambino diligente che, anzi, vorrei fosse meno riservato". Ciò che penso è che i voti

La cattiveria e la commedia umana

Ancora fino a pochi anni fa, credevo che il modo di comportarsi delle persone dipendesse da ciò che esse erano: il carattere, la cultura, l'esperienza. Mettevo al primo posto la coerenza fra quello che siamo e quel che facciamo. Non immaginavo la possibilità che si potessero avere in mente dei secondi fini. Credevo nella parola data e soprattutto in quella mantenuta. Addirittura, non ipotizzavo l'esistenza di persone cattive: il male, secondo me, era dovuto all'ignoranza perché chiunque desidera e si comporta in modo tale da perseguire ciò che ritiene sia il bene. Anche il ladro che mi rubò la macchina - ero pronto a giustificarlo, anche se sporsi denuncia - probabilmente aveva bisogno di farlo, non trovando - immagino - un lavoro onesto, per mangiare.  Ero un idealista e le mie posizioni erano certo estreme, ma che vuoi farci se allora, e a volte anche adesso, la pensavo così. Non ero un ingenuo e avevo già avuto anch'io la mia parte normale di delusioni e di fregature

La casa bianca

Mi è capitato qualche giorno fa di andare in una casa bianca (a Roma, non a Washington). E' l'appartamento di un amico di Dodokko che vive assieme alla mamma e a una cameriera-baby sitter. La madre del piccolo è separata da qualche anno, è una modaiola incallita, griffata da capo a piedi e che griffa anche il figlio. I loghi che ostenta, così come il telefonino all'ultimo grido, le conferiscono la sicurezza di cui ha bisogno nei rapporti con gli altri. Niente di male, in questo: preferisco una persona di tale specie a una che, per le stesse ragioni, si rovina la salute con le sigarette o gli psicofarmaci. E poi, chi non ha bisogno di sentirsi certo con gli altri e al sicuro in casa propria?  Anche per questo motivo l'appartamento è prevalentemente bianco, così come suggerito dagli ultimi numeri delle riviste di arredamento, ma il bianco che impera negli abiti, nelle automobili e nei cellulari, a me non piace affatto. Anche se il bianco, ce lo hanno insegnato a scuola, è

L'orologio in cucina

L'orologio in cucina segna le quattro, cinquantacinque minuti e cinque secondi, ma potrebbero benissimo essere le sedici, cinquantacinque minuti e cinque secondi. L'orologio nella cucina della casa, dove sono nati i miei bambini e dove qualche volta torniamo, infatti, non dice la verità. E' fermo e ha interrotto il suo tentativo di inseguire il tempo in un certo momento della sua vita, di mattina molto presto o nel pomeriggio di un giorno ben preciso, ma non è dato sapere quale, infatti questo orologio segna le ore, i minuti e i secondi, non i giorni, e nemmeno gli anni.  Ho osservato più volte l'orologio della cucina durante la mia breve permanenza in questa casa per le feste di Natale, nell'attesa, non dico nella speranza, che almeno la lancetta dei secondi scattasse, magari una volta soltanto, e si spostasse di una tacca, grazie non a un ultimo anelito delle batterie, che ormai saranno completamente esaurite, ma per una minima forza di inerzia, una ruotina dentat

Qualcuno alle loro spalle è scomparso per sempre

I bambini sono nella stanza accanto e la signora mi dice: "Mi è dispiaciuto per tua zia". "Non dire niente a Dodokko: le era affezionato", mi raccomando subito, aggiungendo ad alta voce un pensiero che mi viene in mente lì per lì: "Questi bambini non fanno in tempo a girarsi da una parte che qualcuno alle loro spalle scompare per sempre". "Dov'è?", chiederanno un bel giorno e la risposta sarà vera o falsa, a seconda dell'età che avranno in quel momento, oppure una mezza verità o una mezza bugia, che è la spiegazione più probabile che potremo dargli, ne sono convinto, fra qualche anno soltanto. Ma il fatto resta, ed è che, ai loro occhi, la gente sparisce, all'improvviso, di punto in bianco, senza una ragione e senza la minima spiegazione. Poco prima che morisse mio padre, fu proprio questa zia a dirmi come stavano le cose e ciò che sarebbe successo di lì a pochi giorni. Eravamo a Milano, in una macchina che ci portava all'ospedale

Gli sdraiati: quando il dialogo fra padri e figli adolescenti è 'inesistente'

Se ne stanno stesi sul divano, col telefonino in mano o con il tablet, a ciattare e, se li interrompi, rispondono al massimo con dei monosillabi. Sono con se stessi, ciascuno per conto proprio, anziché con gli altri. Preferiscono inviarti un sms anche se ti trovi nella stanza affianco, invece di venirti a parlare di persona. Prendo spunto da Gli sdraiati , il libro autobiografico di Michele Serra che non ho ancora letto e che mi è stato segnalato, per scrivere a mia volta qualche nota autobiografica sul rapporto fra padri e figli adolescenti. Ma prima di iniziare vorrei fare un avvertimento o una premessa per così dire 'propedeutica' al racconto della mia esperienza.  Come dice Serra, è la rarefazione - sempre più marcata a causa delle nuove tecnologie - dei rapporti interpersonali alla base del dialogo 'inesistente' fra generazioni diverse. Ma la mancanza di comunicazione fra padri e figli non è dovuta al silenzio degli uni o degli altri, come sostiene lo psicanalista